PADOVA

Fra le più considerevoli e datate va invece ricordata la famiglia Pasini di Padova che occupò fino dal quattordicesimo secolo cariche importanti.

Il primo documento in assoluto lo troviamo presso l' archivio di stato di Padova nella pergamena n. 6881 dove si ricorda “Francesco (dei) Pasini” il 28 luglio 1348.

Il primo di cui rimane traccia nella memoria storica è Ottonello Pasini (nato attorno al 1350), uno degli uomini più sapienti, illustri e di maggior gravità. Quando, nel 1393, morì Francesco il Vecchio da Carrara, Ottonello fu eletto anziano del Comune.

Proprio Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova, dal 1374 ristrutturò il castello ormai in rovina avvalendosi dell’opera di Nicolò della Bellanda, personaggio assai importante nell’ambito dell’architettura militare del tempo. Il Castello era caratterizzato da una cinta muraria, da due ponti levatoi, da una piazza d’armi, da logge e da una sala d’armi affrescata. Probabilmente non si trattava di una semplice fortezza ma fungeva anche da luogo di ricevimento di personaggi illustri. Nel 1401, qualche anno prima della fine dei Carraresi e della conquista di Padova da parte di Venezia, l’imperatore Roberto di Baviera, ospite di Francesco II Novello, lo visitò e affermò che questo era uno dei più bei castelli da lui visitati dal punto di vista strategico, militare e architettonico.

I luoghi a sud del Naviglio Interno erano detti borgo della paglia per i grandi fienili per la cavalleria, costruiti fuori del Castello probabilmente per timore di incendi.

Caduta Padova sotto il dominio veneziano nel 1405, iniziò la lunga decadenza del Castello. Numerosi furono gli interventi che divisero il complesso in varie parti con funzioni diverse.

Ad Ottonello Pasini successe Giovanni Alberto (nato attorno al 1380), ...armato cavaliere del Signor di Carrara che seguì il vessillo di questo e nel 1405 dopo la memorabile giornata di Castel Carrara, in cui fece prodigi di valore, sopraffatti i Padovani dall’esercito veneto, in tale disfatta trovò la morte dei prodi.

Sempre di Padova, Ludovico Pasini (nato attorno al 1485, morto nel 1557), nipote del precedente, fu medico assai famoso e professore di filosofia e di medicina nella patria università, fu medico del Duca d’Urbino Francesco Maria delle Rovere e alla sua morte, avvenuta nel 1557, lasciò stampate opere pregevoli di medicina e di archeologia.

Di lui hanno scritto:

Onore della nostra patria, della medica scienza e delle nostre scuole, fiorì nel secolo decimosesto. In esse insegnò filosofia e medicina, salendo ad una celebrità alla quale a pochi è dato raggiungere. Visse alcun tempo quale archiatro del Duca d'Urbino; e ritornato alla patria, salì, come si disse, la cattedra, attendendo eziandio a raccorre memorie, codici e anticaglie; per lo che era tenuto in molta stima come archeologo. Obiit, come si ha dallo Scardeone che gli fu contemporaneo, XI. Kal. Septemb. ann. MDLVII. Morì ottuagenario, e nella chiesa di San Giovanni di Verdara ebbe la sua spoglia onorata pace, e sull'avello questa iscrizione a suo onore fu posta:

Philosophus jacet hic Ludovicus maximus ille,

Pasino celebri sanguine progenitus.

Egregie doctus, medicaque peritus in arte,

Creditus a cunctis aemulus Hippocratis.

Filius hunc tumulum, pariterque piissima conjux

Erexere viro huic; natus at ipse putri.

Heu qui te confers, lymphas insperge sacratas,

Ac pro defuncto, quaeso, precare Deum.

Di Ludovico ci restano a stampa le seguenti due opere: “Ludovici Pasini physici patavini de pestilentia pataviaa anno 1555. Patavii, 1556, apud Gratiosum Perchacinum, in 4°” e “Liber in quo de thermis patavinis,ac quibusdam aliis Italiae balneis Tractatus”.

Appartenente allo stesso ramo, un altro Ottonello, cavaliere e conte palatino giureconsulto espertissimo, fu professore di diritto canonico all’università di Padova, stette per qualche tempo alla corte del Duca d’Urbino e fu quindi nominato dal Papa giudice dell’Arcivescovo di Avignone e di seguito fu capo dell’amministrazione del ducato d’Urbino che resse molto saggiamente.

Si narra che presso il Panciroli, diversi canonisti illustrarono l’università di Padova. Gianfrancesco Pavini canonico nella stessa città, giureconsulto e teologo, verso il 1448 spiegava il Decreto col misero stipendio di 30 ducati. Chiamato successivamente da Paolo II (1417 – 1471) a Roma, fu auditore di ruota. Di questo impiego visse più anni e scrisse più opere, il cui catalogo si trova presso il medesimo Panciroli, più precisamente presso l'Oudin (De Script. eccl. t, 3, p. 2695). Quì fù professore anche Ottonello Pasini, pronipote del Pavini per parte di una sorella.

Caterina Pasini di Padova, nata attorno alla metà del ‘600, sposò Carlo Alessandro Goldoni, notaio dell'ufficio dei Cinque savi alla mercanzia, dal loro matrimonio nacque nel 1683 Giulio, ossia il padre del celebre Carlo (1707), grande commediografo veneziano. La nostra Caterina fu dunque nonna del celebre Carlo.

Da un ramo dei Pasini di Padova, stabilito in Verona, nacque il celebre medico Antonio Pasini (nato attorno al 1665), che fu anche poeta di vaglia e lasciò un poema in latino intitolato “Ferrovia”.

Tornando a parlare dei Pasini di Padova, quasi sicuramente la loro maggior gloria è l’aver dato i natali al celebre abate Giuseppe Luca (1687 – 1770) che fu professore di umane lettere in seminario e poi occupò la cattedra di lingue orientali. Vittorio Amedeo II Re di Sardegna lo nominò professore dell’Università di Torino nel 1720, dove stette fino alla sua morte avvenuta nel 1770 dopo aver pubblicato molte opere di filologia, tra cui, in primis, il famoso Dizionario Latino Italiano.

Di lui, nella biografia degli scrittori padovani di Giuseppe Vedova, pubblicato a Padova nel 1832, troviamo scritte le seguenti parole:

Pasini Giuseppe (abate) (N. Padova 18/10/1687 – M. 7/7/1770)

Da onesti genitori ebbe i natali in Padova il dì 18 Ottobre dell'anno 1687. Alunno del Seminario, fino dalla prima sua giovinezza diede del vivace suo ingegno le più lusinghiere speranze. Colà corse le lettere e le scienze, onorato della laurea in teologia; ed ascritto a quel collegio, lo studio delle lingue orientali lo chiamò a consacrare lungo tratto di tempo ed ebbe a pentirsi, mentre le opere che a mano a mano andò pubblicando sull'argomento li fecero conoscere nel mondo letterario con grande suo onore. Un uomo così dotto non sfuggì al vigile occhio del beato Gregorio vescovo di Padova, mentre chiamatolo a sé, lo volle precettore nel Seminario di umane lettere, e poscia di lingue orientali. La pietà ancora del Pasini venne pure premiata, mentre nel 1718 gli fu conferito il titolo di Canonico teologale della collegiata di Este, beneficio che quattro anni appresso permutò colla ricca cappellania detta de' santi Benedetto e Cesano nel duomo della sua patria, cedutagli dal ch. Facciolati, che gli era stato precettore di filosofia. Ma guiderdone assai più luminoso ei colse dalla munificenza del gran mecenate dei buoni studii Vittorio Amadeo di Savoja, che li trasse alla sua Università torinese nel 1720, eleggendolo Professore alla cattedra di sacra Scrittura e lingua ebraica collo stipendio di lire due mila e trecento, da soldi venti cadauna, che ha avuto principio il 5 Marzo dell'anno corrente (1720).

In quale e quanta estimazione lo avesse il suo Principe ne abbiamo altra prova, allora cioè che nell’anno 1729 organizzatosi lo Studio torinese, ed essendosi assegnata alla sua cattedra l'onorario di lire 1200, gli venne conservato il primiero appuntamento, come appare dal Decreto 7 Dicembre del 1729. Ma prima eziandio di quest'anno aveasi il Pasini avute altre dimostrazioni della grazia di Vittorio, mentre nell'anno 1727 gli fu conferita la prepositura di S. Maria di Monte Cenisio. Erettasi nell'anno 1740 la stamperia reale in Torino, fu egli per speciale favore ricevuto come azionista. Carlo Emmanuele, successore di Amadeo, ebbe carissimo il nostro concittadino, né cessò di colmarlo di onori: quindi non pago di averlo eletto a Prefetto della biblioteca dell'Università con Decreto 5 Luglio 1745, lo creò collo stesso Decreto suo Consigliere. Torino stessa emulò quel Principe nel festeggiare il Pasini ascrivendolo nel numero de' suoi concittadini.

Per lungo tempo godette egli il meritato frutto delle sue fatiche e de' suoi studii, mentre nella grave età d'anni ottantadue, nel giorno 7 Luglio del 1770, alle ore due di Francia pomeridiane, passò agli eterni riposi. Nella chiesa di santa Maria degli Angeli, come avea ordinato col suo testamento, venne tumulata la sua spoglia, e sul sasso fu posta la seguente iscrizione:

 

H . I .

IOSEPHVS • LVCAS • PASINVS

PATAVINVS

S. MARIAE . IN . MONTE . CINISIO

PRAEPOSITVS

IN . REGIO . TAVRINENSI . LYCEO

AB . IPSA . INSTAVRATIONE

DIVINARVM . LITERARVM

ET . HEBRAICAE . LINGVAE

PROFESSOR

POSTEA . B1BLIOTHECAE . PRAEFECTVS

KEGI . A . CONSILIIS

OB . EXIMIAM . ERVDITIONEM

DOCTRINAM . RELIGIONEMQVE

DE . VNIVERSA . LITERARIA . REPVBLICA

OPTIME . MERITVS

VIXIT . ANNOS . LXXXII . MENSES . VIII .

DIES . XIX .

OBIIT . NONIS . IVLII . MDCCLXX .

 

Le opere che ci restano a stampa del nostro Pasini sono:

I. De praecìpuis SS. Bibliornm linguis et versionibus polemica dissertata, cui accedimt quaestiones

aliquot ex ipsarum linguarum interpretatione ortae.

Patavii, typis Seminarii, 1716, in 8.°

II. Grammatica linguae sanctae institutio. Accedit ejusdem oratio habita cum primum docendi munus auspicaretur ann. 1720. Ibid. iisdem typis, 1721, in 8.° (Se ne fecero altre tre edizioni negli anni 1789, 1756 e 1790).

III. Decem dissertationes selectae in Pentateuchum. Augustae Taurinorum, ex typographia Joannis Francisci Mairose, 1722, in 4-°

IV. Vocabula itali latinique sermonis etc. IbiJ. Petri Josephi Zappatae et filli, 1781, tom. 2 in 4-° (Ebbe il Pasini in questo lavoro a compagno l'ab. Giuseppe Badia, professore pur egli del torinese Studio).

Le edizioni che si fecero di questo Vocabolario o Dizionario per tutta Italia assicurarono al nostro scrittore precipuamente una celebrità che non gli verrà mai meno, benché a' giorni nostri sia considerato degno di aggiunte e miglioramenti.

V. Codices manuscripti Bibliothecae regii taurinensis Athenaei, etc. Taurini, ex typographia regia, 1749, vol. 2 in fol. (A coadiutori in questa grande opera ebbe il nostro scrittore Antonio Rivatella e Francesco Berta, dotti personaggi, custodi della stessa biblioteca).

VI. Storia del nuovo Testamento, con alcune riflessioni morali ed osservazioni storiche ad uso dell'uomo cristiano. In Venezia presso Giovanni Severin, 1751, in 12.° (La prima edizione di questo lavoro fu eseguita in Torino senza il nome dell'autore).

Col suo testamento fatto di propria mano, quell'uomo benefico ricordò i poveri di Pernumia, dove aveva la sua cappellania, ai quali destinò 50 ducati, e all’ospedale di san Giovanni della città di Torino 1000 lire piemontesi. Erede universale comandò che fosse un suo pronipote per nome Antonio, figliuolo di Francesco suo nipote, che in tenera età accora trovavasi.

Molti anni più tardi, verso la metà dell’ottocento, troviamo nella provincia di Padova, precisamente a Solesino, vicino ad Este, un certo Antonio Pasini, poeta girovago ed amico di Scarmagnan che declamava alla fine del 1884 i seguenti versi:

"In fra l'Adige e il Po giace un'amena

pianura feracissima ubertosa,

dà scelto grano, frumentone, avena;

ed appartiene a gente danarosa,

ma le popolazioni tristi e grame,

squallide fan pellagra ed irta fame.

Pochi soldi ricevon per salario,

abitan luridi e squallidi casoni;

corre fra i poverel poco divario

dai neri abitator dell'Amazzoni,

e la storia lo nota in le sue annalia

sono il vero ludibrio dell'Italia.

Pure un quindici dì sol dell'anno,

nell'epoca che mietessi il frumento,

vivono si può dir con meno affanno

sebben gravati di fatica e stento,

sempre però, ma rara l'occasione,

umano abbia a mostrarsi un po' il padrone.

Però tutto compreso una sol lira,

o poco più, ricavan di profitto;

ma latente nutriano nel petto l'ira,

in quest'anno impugnaro il lor diritto,

e tutti d'un pensiero e un sentimento

mieter non voller men del 30 al cento.

Il Prefetto un avviso diè paterno,

che pur troppo non fu molto ascoltato;

la fiumana montava ed il Governo

a riordinare il primitivo stato

d'armati mandò una divisione

ed ottocento e più mise in prigione.

Così si scioglie la question sociale?

A me sembra di no..."

 

Su di lui è stato scritto il seguente libro: F. Selmin, Il poeta vagabondo. La vita e l'opera di Antonio Pasini da Solesino, Verona 1995.

Nel Bollettino del Museo civico di Padova si fanno alcune considerazioni circa il sigillo delle famiglie dei Petrus – Pasinus. Troviamo dunque scritto:

PETRVS - PASINVS - I - V - DOC - EQV - Scudo ovale con un dragone posato sulla sommità d'una montagna di tre cime e con un braccio destro armato sporgente a sinistra dello scudo. E’ sormontato da morione coronato, cimato da sette serpi nascenti dalla corona, ed è sostenuto da gemetti e da ovuli. (Rame, dim. mm, 28 X 23; Tav. I, n. 133).

Della famiglia padovana de' Pasini non può aver fatto parte il personaggio ricordato dal sigillo, perchè quella portava l'arma di rosso ad una capra rampante d'argento (3). Io ritengo invece che il nostro Pietro sia appartenuto alla famiglia Pasini (Paxinus, de Pasino) di Vicenza, sebbene non si sappia quale ne sia stato lo stemma. Di fatto in questa vi fu anche un Pietro, che nel 1509 fu inviato ambasciatore dai Vicentini all'imperatore Massimiliano I, ed a lui precisamente dovrebbe attribuirsi il sigillo, che per il genere della lavorazione spetta senza dubbio al secolo XVI.

Nella Rivista del Collegio Araldico, edito nel 1907, a pagina 714, troviamo il seguente articolo:

Famiglie padovane ricordate nella cronaca del Gataro

Galeazzo Gataro, cronista padovano, fiorì nel 1380 e suo figlio Andrea continuò la cronaca fino al 1405. Il Muratori inserì questo imporrante monumento di storia padovana nel XVII voi. del suo Rerum. Italie. Script. È cosa assai strana che gli autori del voluminoso zibaldone che porta il titolo: Cenni storici sulle famiglie de Padova (Padova 1842), non abbiano conosciuto la cronaca del Gataro. Parecchie famiglie ricordate da questa non figurano affatto nella suddetta opera — e gli stemmi così esattamente descritti da Andrea Gataro, sono intieramente diversi da quelli che senza citare le fonti, disegnò con poco gusto artistico Alessandro Buzzacarini. Crediamo anzi utile pe' nostri studi di rilevare quanto alle famiglie padovane riportano i Gataro.

Nella continuazione di Andrea Gataro. a pagina 896. si legge che Francesco da Carrara Sig. di Padova il 14 agosto 1404 fece la rivista dei suoi uomini d'armi essendo prossima la guerra con i Veneziani.

Giunto il Signore nella sua Corte presso la Piazza fece tirare tutto il popolo ristretto insieme ed egli entrò nella sua Corte e da quella fece portare fuori cinque fra stendardi e bandiere e poi chiamò alcuni dei suoi cittadini a pranzo.

Chiamò Giovanni Galeazzo de' Gatari e poi chiamò Giovanni Alberto de' Pasini il quale era tutto armato con una sovraveste e la sua arnia la quale è il campo tutto azzurro e cinque stelle d'argento et a lui diede un Pennone tutto verde col cimiere del Saracino e la targa del carro.

Dipoi chiamò Giovanni dal Sole, Dappoi diede la quinta bandiera dal Carro vermiglio in campo bianco ad Antonio Turchetto il quale era tutto armato di finissime armi con la sua sopraveste alla sua arnia, cioè in campo azzurro e verde una banda d'oro nella quale era un lione rosso rampante ».

Dei cinque stemmi descritti tre soli, cioè quelli dei Cortarolo, dei Gatari e dei Del Sole, sono ricordati dal Buzzacarini. ma assai diversamente dal Gataro. I Turchetti ed i Pasini sono dimenticati.

Giovanni Alberto de' Pasini di origine friulana (Trentina dice il Codice Frizier) era prossimo parente di Ottonello Pasini, che fu anziano nel 1388 insieme a Galeazzo Gataro. Il Bumcarini non ne riporta* lo stemma, mentre i Pasini furono principali patrizi padovani ed innalzarono, non si sa perchè, lo stemma del capretto d'oro in campo rosso, anziché le cinque stelle d'argento poste in croce di S. A. in campo azzurro. Altri presero la colomba, segno di pace.

Riguardo allo stemma dei pasini, nella Rivista del collegio araldico, edito nel 1906, a pagina 44 si legge quanto segue: Alla Commissione A. A. fu presentato il seguente stemma: D'azzurro alla torre d'argento merlata, di quattro pezzi aperta e finestrata di nero, sinistrata da un leone d'oro con la terrazza di verde. Nell'aula magna della Università di Padova trovo l'arma di Giovanni Pasini del 1640 ed è: D'azzurro alia torre al naturale sinistrata da un leone d'oro (il restauratore la dipinse color cioccolata) con la campagna di verde (il restauratore la dipinse di nero) Cimiero: tre penne di struzzo di verde, d'oro, e d'azzurro. Su d'una lapide sepolcrale sulla facciata esterna della Chiesa di Sant'Angelo in Asolo, trovo l'arma senza colori, ma con le figure in tutto eguali a quelle presentate alla Commissione A. A. Tale stemma deve essere partito d'azzurro e d'oro alla torre dell'uno nell'altro e col Icone d'oro, ma pare sia stato adottato per alleanza, mentre i Pasini usavano la colomba col ramo d'ulivo in campo azzurro, come si vede in antico sigillo di ferro presso il Conte Pasini-Frassoni e nei mss. della Biblioteca di Treviso.

LIBRO "LE FAMIGLIE PASINI"
LIBRO "LE FAMIGLIE PASINI"
LISTA EXCEL PASINI
LISTA EXCEL PASINI
LISTA TESTAMENTI PASINI IN VENEZIA
LISTA TESTAMENTI PASINI IN VENEZIA
FAMIGLIE BENETTI
FAMIGLIE BENETTI
FAMIGLIE CEOLA
FAMIGLIE CEOLA
FAMIGLIE FURLANETTO
FAMIGLIE FURLANETTO
FAMIGLIE PASTORI
FAMIGLIE PASTORI
FAMIGLIE PAVAN
FAMIGLIE PAVAN
FAMIGLIE PIERACCINI
FAMIGLIE PIERACCINI
FAMIGLIE TREVISAN
FAMIGLIE TREVISAN